domenica 19 ottobre 2014

Un salterello di cuore e di minchia



Io ero in vantaggio sulla via delle belle armonie.  Anche questo lei non lo trovava giusto. Il giorno che si fosse reso necessario, già avevo accumulato in me quasi quanto basta per potermi prendere il lusso di morire... Vivevo di rendita, in fatto d'Estetica. Me n'ero sbafato di ciccetteria e di meravigliosaggine... pura luce, devo confessarlo. M'ero abbuffato d'infinito.

da Morte a Credito, L.F. Céline

Con il corpo in Italia e la testa in Germania.
Da quando sono rientrata, non trovo pace e le cose hanno perso il loro senso. Combino guai ogni due tre e mi capita di scoppiare a piangere all'improvviso, senza una ragione apparente.
Le mie due amiche V e M subiscono i miei continui piagnistei sul voler tornare in Germania, che io chiamo affettuosamente Tedeschia, cose tra innamoratini che non tutti possono capire.
Vi è mai capitato di arrivare, per casi fortuiti, in una città e di sentirvi da subito a casa, come se foste tornati dopo una lunga, forzata assenza?
Neanche nella mia città di origine mi sento a casa.
Eppure, sento che il mio posto è a Roma, perché io adesso sono Marzia.
«Gustin», gli feci, «tu mica sei sempre stato così rincoglionito come oggi, abbrutito dalle circostanze, il mestiere, il bere, le sottomissioni più funeste... Te la senti, per un momentino, di tornare alla poesia?... di fare un salterello di cuore e di minchia alla lettura d'un'epopea, tragica certo, ma nobile... sfavillante!... Te ne credi capace?...», (Morte a Credito, L.F. Céline).
Mi sono fissata in modo cocciuto (io mi fisso sempre in modo cocciuto, dov'è la novità?) col fatto di volere andare a vivere in un bosco, mania più o meno riccorrente nella mia vita sin dalla tenera età, e col voler tornare a lavorare nella musica, per un qualunque ruolo. Meglio fare un lavoro qualsiasi in ambito musicale, che fare un lavoro qualsiasi e basta.
So solo una cosa con certezza, che voglio spiccare il volo e che bloccata in questa vita non voglio starci, ora più di prima.

"La Senna quell’anno lì gelò. Io nacqui di maggio. Son io la primavera. Destino o no, rompe le scatole invecchiare, veder cambiare le case, i numeri, i tram e i cappelli della gente, intorno alla propria esistenza. Abito corto o berretto con lo spacco, pane di pasta dura, battello a ruote, tutto per l’aviazione, è sempre la stessa solfa. E’ uno sciupo di simpatie. Io non voglio cambiar più. Ne avrei cose da piangermi addosso, ma son loro sposo, sono una piaga, e del resto m’adoro quant’è marcia la Senna. Chi cambierà il lampione agganciato all’angolo del numero 12 mi darà un grosso dispiacere. Siam provvisori, questo è vero, ma io ho già provvisorieggiato abbastanza per la mia dignità. Ecco i barconi… Essi hanno tutti un cuore, oggi. Batte grosso grosso e burbanzoso nella buia eco delle arcate. È quanto basta. Io mi disintegro. Non mi lamento più. Ma il gioco non deve continuare. A lasciarsi trascinare via dalle cose, per mal combinate che le troviamo, ci sarebbe da morir di poesia."
da Morte a Credito, di L.F. Céline