domenica 16 ottobre 2011

Una ribellione PER invece che CONTRO


"Una ribellione PER invece che CONTRO" è lo slogan che ho scelto per me stessa nel mese di Gennaio, leggendo un libro semplice, che mi ha regalato un'idea stupenda, oltre la stessa frase. Già, Delirium è proprio intenzionata a cambiare.
E' il 15 Ottobre, saranno le 12:30, e mi trovo in Piazza della Repubblica.
Supero la Feltrinelli International, percorro trecento metri e la mia visuale sulla piazza viene offuscata da decine di bandiere del Partito Comunista, di SEL, di svariati sindacati, dei No Tav, e così via. Inorridisco. Io, che ho manifestato per anni accodata a quelle bandiere, riesco solo ad inorridire.
Mi dico subito che non ci sto, no, dover subire anche questo è troppo.
Ripeto in testa il mio slogan personale, "PER invece che CONTRO.. PER invece che CONTRO", mentre passeggio in cerca di gruppi apartitici e dalle vedute maggiormente ampie.
Non riesco a farmi una sana risata nel vedere ragazzi e adulti con dei cartelli in mano con cui danno contro al capitalismo, mentre assaporano voraci il loro Mc Menu.
Trovo il carro del Valle Occupato, i precari, e da qualche parte so che ci sono anche gli studenti.
Inizio a chiacchierare con un po' di persone e a fare amicizia.
Esprimo a chiare lettere il mio dissenso per quelle bandiere, per poi accorgermi a fine corteo, che non è stata sventolata una sola, dico una, bandiera dell'Italia.
Grazie alle varie persone che sapevo presenti alla manifestazione e a mia madre in ascolto del tg, mi tengo informata durante tutto il tragitto dei risvolti del corteo, nelle varie zone del percorso, tramite sms.
Abbiamo appena imboccato via Cavour, lasciandoci alle spalle piazza dei Cinquecento.
Veniamo superati da una cinquantina di ragazzoni vestiti di nero, con passamontagna in testa e spranghe, e gli sms al mio cellulare si fanno più frequenti e dettagliati poco dopo il loro rapido passaggio.
Mentre veloci e in fila serrata, passano i black bloc, strattono V che, ingenua, oltre avere i capelli rasati, ha ben pensato d'indossare per l'occasione una felpa nera con cappuccio.
Arriviamo sino al Colosseo ed è lì che ci fanno deviare dal percorso prestabilito.
Da lì a poco, anche a seguito della conoscenza casuale di ragazzi scampati alla guerriglia, io e V (che ha un treno per il Molise in serata stessa) decidiamo di abbandonare il corteo: percorriamo un lungo tratto a ritroso, sino al Colosseo, e poi sino alla fermata metro del Circo Massimo, accompagnate da A, un manifestante con cui avevamo socializzato poco prima.
Io e V, arrivate a Termini, ci fermiamo a chiacchierare davanti ad un caffè e ad una schweppes, mentre continua a ringraziarmi per averla tirata via dal marciapiede mentre passavano i BB di cui non si era accorta, arrivandole alle spalle.
Dopo ieri, mi ripeto, con ancora più insistenza, che voglio essere una ribellione Per invece che Contro.


Il "come eravamo" è utile, ma anche fuorviante e pericoloso;
il "come siamo" è importante e irrinunciabile;
il "come saremo" fondamentale.

- Giulio Carlo Argan -




giovedì 13 ottobre 2011

La mia vita tutta al rovescio: essere grandi da bambini ed essere bambini da grandi.


La prima volta che mi scoprii a dire "In un certo senso, sono stata la madre di mia madre" fu un paio d'anni fa.
Gli anni ti liberano da paure e ricordi dolorosi, cancellano momenti più o meno lunghi della nostra esistenza. Eliminare attimi della propria esistenza è come denudarsi.
Più la mia anima si spoglia, più ringiovanisco.
Giovane.... Cosa intendo per giovane? Mi riferisco, in genere, ai ragazzi tra i 16 ed i 20 anni.
Cosa fanno i giovani? Tutto quello che io a 16 anni non potevo fare, presa dal sopravvivere alle situazioni familiari.
"Non tutti i bambini hanno la fortuna di essere orfani", Renard.
Ho due partner, che non sono due "fidanzati", fossi pazza: sarebbe come scegliere di avere il doppio dei problemi.
Siamo tre persone molto diverse, di età diverse e con gusti diversi. Preferisco la compagnia di persone che non mi somiglino troppo: in compagnia di persone molto simili a me, resto spesso delusa ed annoiata. Con presunzione, finisco sempre per sentirmi più figa di quei miei semi sosia.
Quindi, siamo tre persone molto diverse, e coordinate nel nostro essere scoordinate, amo uno dei due e vengo amata dall'altro, ognuno riceve qualcosa dall'altro. Trascorriamo delle ore insieme, ma ognuno di noi ha poi il proprio lavoro, i propri impegni, i propri interessi, i propri amici.
Come patto, non siamo amici su Facebook, in modo da non cedere a tentazioni pericolose e/o morbose. Non ci sono vere regole ma, tra di noi sappiamo come deve funzionare: non si esce, non si viaggia e non si dorme in tre, e non ci s'intromette nei segreti degli altri due.
Non è un paradiso idilliaco, s'intende, e le gelosie sono all'ordine del giorno.
Non so descrivere come mi sento. Posso dire che per la prima volta, sono quella che esce salva da una situazione. Questa volta, a passarmela meglio degli altri, sono io.
Mentre il mio old man si affretta ad invecchiare, ed il mio toy boy si muta in un vero ometto, io mi denudo e assaporo la libertà da certe spine dell'anima.
I colori, la musica, il mondo hanno un senso diverso. Forse non migliore, ma diverso.
Sciotto. Parliamo di Sciotto, Delirium.
Sciotto è il mio attuale sfigometro. Quanto è grande Roma? Tanto grande. Come abbiamo fatto ad incontrarci, per caso, per ben tre volte nel giro di un anno?
Al teatro, gremito da sentirsi male, mi fanno accomodare in un palco dove avevano già fatto accomodare lui. Guardiamo lo spettacolo seduti a distanza di neanche due metri l'uno dall'altra. Un incubo.
Io, che sono sempre una grande, gli metto una mano sulla spalla e lo saluto con fare indifferente, prima di andarmene alla fine dello spettacolo.
Continuo a non mandare giù la cosa, però.
Ho duecento cose da fare al lavoro e sto pensando a Sciotto. O meglio, mi soffermo sulle beffe del caso.
Un cale mane. Questo è l'ultimo lapsus di Delirium.